L’attesa dei giorni d’aprile sapeva di erba e garriti di rondini, l’importante era che ci fosse il sole a guidare questo cammino verso la festa. Uno di quei pomeriggi arrivò una cosa che invece non mi aspettavo: la chiamata di Francesco Giampietri, mi chiedeva di partecipare a un progetto editoriale sul nostro Molise, scrivere una cartolina sulla nostra terra che forse esiste, sulla mia Larino. Non potevo che scrivere su San Pardo, gli dissi, su una festa così unica e aggregante. Lui rispose che era giusto la raccontasse un giovane, untore di bellezza e testimone rivoluzionario. Le mie parole, ora per voi, erano per lui, un affabile sconosciuto che voleva legare scrittori da ogni parte della regione in un unico progetto che avrebbe preso vita presto, e che mai mi aspettavo sarebbe diventato il mio solo appiglio per richiamarlo perché arrivato troppo presto alla fine del suo viaggio di 37 anni. Ci è riuscito, ha fatto in modo che io sospendessi tutto per ascoltare la mia devozione e metterla nero su bianco, parlare a me perché avevo parlato con lui.
Il tempo è ancora quello dell’attesa; ci si abitua allo sgomento delle strade deserte e ai carri che non vengono, ma la vita rincorre discreta e sapiente, e tutto tornerà, perché ci muoviamo in cerchio, una sfera resa perfetta da incastri meravigliosi.
Grazie, Francesco. WSP!
Di seguito, la cartolina di Gianluca Venditti dal titolo:
Un altro mo(n)do
a Larino, alla sua attesa…
E se fosse questo il nostro piccolo segreto? Riconoscerci e amarci ma un po’ in disparte, saperci vicini, al centro ma senza dichiararci? Non ci avevo ancora pensato; sei più bella perché ti dedichi completamente a me, senza guardarmi, senza avere la pretesa di fronteggiarmi e non avere niente da dirmi. Invece se io sto qui ti guardo, alla luce del sole: con il rossetto sui balconi e i capelli intrecciati di fiori, seria e solenne, che continui a camminare lenta tra i tuoi dedali, sui tuoi tacchi di pietra, su cui senza farsi vedere ondeggiano le cupole e scricchiola il legno… e penso che da te riceverò l’anello, di pietra e cielo, qui potremo stare e goderci il panorama oppure guardare semplicemente quello che succede. La Cattedrale indossa la sua mitra per celebrare piccoli e grandi riti di quotidianità e dal mio oblò spio i tuoi movimenti intimi, quando incontri tutti i tuoi amanti, tutti gli altri che ti tradiscono. Avevo bisogno di guardarti in un altro modo, dirti qualcosa dalle viscere, perché la mia fede è cieca ma da qui non si vede il tuo vestito della festa bensì le tue forme… si vedono le colline, si può vedere il mondo!
Non puoi rimanere così, ma io sto qui, un altro po’.
(La foto che ha ispirato Gianluca è del larinese Guerino Trivisonno)