LARINO. Per chi come me è nato e cresciuto sui resti immortali della Larino romana, a due passi dall’anfiteatro, da villa Zappone, all’epoca ancora abitata, con il suo parco avvolto nel mistero di una folta vegetazione.
Per chi come me ha giocato in Via Iovine, nelle ex proprietà Battista, la domanda ricorrente che ho imparato a pormi era: perché Larino è stata costruita sui resti della gloriosa Larinum?
Perché nel dopoguerra chi doveva proteggere gli immensi resti degli avi ha consentito di tranciare di netto case, pavimentazioni, il pretorio, le terme?
Perchè si è permesso tutto questo pur di costruire case, peraltro popolari, non avendo la pur minima idea di cosa sarebbe diventata la nuova città?
Crescendo ho capito che forse si conosceva ancora poco delle bellezze archeologiche, il progresso, la ricostruzione del dopo guerra aveva prevalso su tutto.
Si conosceva ma si era preferito coprire il passato ed in alcuni casi trasformarlo in altro. Come quelli di qualche generazione prima della mia, adulti oggi, che ancora raccontano come l’anfiteatro fosse diventato il campo di calcio dove sfidarsi all’ultimo gol.
E di quella città che aveva sfidato Roma e poi si era fatta ammaliare dai suoi fasti?
Tutto era stato sepolto, o meglio, nascosto.
Perché vincoli e dinieghi avrebbero impedito la crescita della nuova Larino che pur uno strano caso del destino sarebbe sorta proprio sull’antica.
Le domande che mi ponevo da bambino, oggi hanno un senso diverso.
Diverso perché le leggi, i progetti di valorizzazione e di recupero, il lavoro delle Sopraintendenze è cambiato. Resta il problema dei finanziamenti è vero!
Sicuramente però c’è una maggiore consapevolezza di come si possa, salvaguardare il passato e renderlo fruibile nel presente in chiave turistica.
Nei giorni scorsi, abbiamo riferito del nuovo accordo stipulato tra il Comune e la Soprintendenza per riaprire, dopo oltre quattro anni, l’area archeologica dell’anfiteatro e di villa Zappone.
Una riapertura importante come importante sarebbe oggi trovare nuovi finanziamenti per dare finalmente ‘alla luce’ un’altra area di notevole interesse storico archeologico per la città, ossia quella del campo sportivo.
L’idea, non è mia, si badi bene, ma la condivido appieno. L’idea è dello storico e agiografo locale Pino Miscione.
Villa Zappone e l’anfiteatro dividono le nostre abitazioni, ma non i pensieri che convergono sulle bellezze della nostra Larino, sull’importanza che la città ha avuto, non soltanto quale espressione della romanità, ma anche e direi soprattutto per quella spiritualità che proprio Miscione ha saputo chiaramente mettere in risalto nel suo ultimo lavoro Larino micaelica, che analizza i portati della prima consacrazione papale di un luogo di culto micaelico nell’Orbe cattolico.
Tornando all’idea del campo sportivo come nuova area archeologica Miscione sulla sua pagina Facebook scrive : “L’archeologa Angela Di Niro, che ha operato a lungo in questo nostro territorio e tanto ha pubblicato, in un suo saggio riporta queste parole del Soprintendente di Chieti Cianfarani:
«per la costruzione del campo sportivo si rese necessario “far saltare per aria centinaia di metri lineari di muri … rimangono però i pavimenti non ancora toccati … devono essere almeno dieci … si tratta di sicuro di ambienti termali, e hanno ritrovati i forni e con le mine l’hanno distrutti”»¹.
Nel Campo Sportivo, dunque, con la sua strategica posizione all’imbocco della strada principale che attraversa il Piano San Leonardo, a una profondità verosimilmente di qualche metro, sussistono diversi ambienti pavimentati a mosaico.
Del resto la cosa non desti meraviglia, poiché non molto lontano da quest’area furono rinvenuti – già nel lontano 1937, ma definitivamente asportati solo nel 1949 –, i pregevoli mosaici “del Leone” e “degli Uccelli”, ora conservati nel Museo Civico.
Accanto al Campo Sportivo, in via Tito Livio, anche quello “dei Delfini”, che la Soprintendenza Archeologica di Campobasso ha provveduto a ricollocare ‘in situ’ dopo il restauro.
Se davvero, come sembra, i lavori del nuovo Centro Polisportivo di Monte Arcano si dovessero concludere in un tempo ragionevole, sarebbe da prendere in considerazione questa mia semplice, seppure forse immaginifica proposta, fatte salve ovviamente le competenze statali (Soprintendenza): fare del vecchio Campo Sportivo di Via Nazionale un nuovo Parco Archeologico, da collegare in qualche modo all’area del Foro Romano del Piano della Torre mediante un attraversamento pedonale che scavalchi la linea ferroviaria, la quale costituisce l’unica barriera che delimita le due aree.
Ciò faciliterebbe anche la valorizzazione di quest’ultima zona archeologica, la quale per la sua posizione – incassata com’è tra proprietà private, una strada molto trafficata e in quel punto piuttosto angusta, e la ferrovia –, molto difficilmente potrebbe rendersi agevolmente fruibile ai visitatori interessati a conoscerla meglio.
Ottimale, poi, la posizione del nuovo Parco, prossimo a quello di Villa Zappone già esistente.
Mi rendo conto delle possibili obiezioni – un Campo Sportivo è comunque utile alla popolazione –, ma un campetto di pallone lo si può attrezzare altrove, mentre il patrimonio storico-archeologico che vi è sotterrato rimarrà irrevocabilmente in quel preciso posto”.
Un’idea lanciata, presto condivisa anche da altri utenti della rete, e da noi di Viaggio nel Molise! Un’idea concreta che con le giuste sinergie e il completamento dei nuovi impianti sportivi, potrebbe trovare attuazione riscrivendo al presente una storia di prestigio di cui può onorarsi la nostra città.
Nicola De Francesco