LARINO. Torna l’appuntamento settimanale con l’arte targata Molise e con l’artista larinese Adolfo Stinziani che oggi, dopo un excursus generale sull’arte ci presenta l’artista Nadia Punis e le sue opere.
“Voglio fare una premessa al lavoro “Honey” (Miele), dell’artista Nadia Punis, esposto al Palazzo Ducale di Larino, senza nulla togliere al talento di quest’artista emergente, né alla nostra piccola realtà regionale che umilmente lavora in nome della creatività, poiché parlare di arte e proporre arte è sempre una sfida.
L’Arte ha smesso da tempo la sua veste di ricerca della perfezione, di mimesi della natura, essa oggi non appartiene ai nostalgici, ai “romantici”. E’ difficile comprendere questa metamorfosi, ma è imprescrivibile e dovuta. L’amico compianto A.Picariello diceva:
noi critici siamo dei combattenti!
Io, in qualità di studioso d’arte, mi permetto di aggiungere che la sfida è continua, il campo di battaglia è vasto e ricco, bisogna capire chi fa sul serio, chi vuole davvero combattere per emergere esprimendo un valore, tutto il resto è provocazione, imitazione e spesso delirio. Agli inizi del 900 di Di Duchamp si disse di tutto e di più, ma i suoi ready-made sono l’esempio più riuscito del nuovo modo di fare arte: è l’artista con la sua creatività che si impone, che mostra il suo modo di pensare, la sua filosofia che di certo è frutto del contesto storico in cui opera.
Così di recente Cattelan , dopo quindici anni di assenza dalle scene, replica quella “provocazione” con una banana attaccata a un muro con un nastro adesivo. Sono ben tre le versioni di questo suo lavoro che si intitola “Comedian”, due sono già state vendute nell’anteprima ad un prezzo spropositato a due distinti collezionisti francesi, un uomo e una donna.
Qualcuno per rinnovare l’arte tenta nuove strade, si dispone anche alla provocazione, ma i nostalgici dell’olio possono sempre dipingere delle perfette banane.
Ma non è questa la risposta alle nuove espressioni artistiche, anzi è quella meno aderente e non giustifica affatto le tendenze dell’arte contemporanea.
Cattelan “il provocatore”, in questo lasso di silenzio creativo ha cercato ispirazione in quel frutto, lo ha portato con sé, di vario materiale, nei suoi viaggi, nelle camere degli hotel dove soggiornava, lo ha appeso al muro, lo ha contemplato ed infine di questa esotica “musa commestibile” ne ha fatto un’opera d’arte.
A pensarci bene la banana è il simbolo del nostro consumismo, della globalizzazione del commercio, e come non si può sorridere davanti a questo “quadro”, al suo scontato doppio senso, però io ironicamente sorrido a questa società del consumo, dei fast food e che, sotto tanti altri aspetti, è lo specchio della superficialità.
Il Catalogo Permanente degli Artisti Molisani, nato di recente ma con ottimi propositi e molti consensi, presenta Nadia Punis, una giovane artista che risiede a Campomarino, dedita alla famiglia da poco si è rimessa in gioco, forte anche della sua preparazione come Decoratrice presso l’ateneo romano di Belle Arti.
La sua opera non ha bisogno di descrizioni, il titolo chiarisce il soggetto, quindi mi limiterò a parlare dello stile e a darne una mia lettura. Nadia mi riferisce che spesso, davanti ad un’opera, così come quando guardiamo una persona, ci si ferma all’apparenza, alla superficie delle cose, ma il suo favo di cartone nella sua povertà di materiali e di semplice contenitore nasconde un cuore di dolce miele; io aggiungo che quello stesso favo nasconde la dolcezza perché la sta ancora creando, una forma di bellezza che è il risultato di un preciso lavoro.
L’artista Nadia si esprime guardando l’arte povera, una corrente artistica che è nata a Genova nel 1967, ma che in realtà trovò il suo centro più attivo a Torino, tra i pionieri che poi furono anche gli artisti di spicco ricordo M. Ceroli e M. Pistoletto, noto per la sua Venere degli stracci, una preview di quelle che saranno le contemporanee installazioni. Dalla sua nascita ad oggi l’arte povera ha avuto e ha tuttora una notevole risonanza, per cui continua ad essere prediletta da tanti artisti e apprezzata dagli storici dell’arte.
La novità è il disdegno del pennello e delle tecniche della tradizione accademica, l’artista usa materiali comuni e senza alcun valore, il fine di questa ricerca ed utilizzo di materie povere è far arrivare un messaggio che va oltre la pura espressione artistica, e che spesso rivela un acceso spirito ambientalista.
Così Nadia Punis con un comune cartone alveolato ha modellato un favo, grondante di miele, il nido di cera delle operose api.
Non ha dato alcuna nota di colore al favo che appoggia su una bianca tela cartonata, è di una semplicità estrema che rende l’opera diretta e chiara.
Nadia ci presenta la Natura, narra la laboriosità delle api che, anche se non sono rappresentate, sono le vere e indiscusse protagoniste; le cellette di cera e il miele che cola dal favo, sono prodotti unici e anche l’identità delle piccole operaie.
E’ un’opera di piccolo formato (70×30), la fattura artistico-artigianale ne fa un delizioso gioiellino di creatività, che se guardata e contemplata mostra, a mio avviso, in maniera semplice e diretta un messaggio ambientalista, un delicato e mieloso ammonimento al rispetto della natura e delle sue creature.
D’altronde una nota frase attribuita ad Albert Einstein avverte:
Se le api sparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
Adolfo Stinziani