LARINO. Nell’antica Città Frentana sono numerose le testimonianze di fede, indubbiamente anche favorite da quella che fu l’antica Diocesi di Larino, che però dagli anni ottanta è mutata in Termoli-Larino.
Più note sono le testimonianze monumentali, tra tutte la Basilica Concattedrale e la Chiesa di San Francesco che, restaurata recentemente, è uno scrigno di tesori d’arte sacra che appartengono all’epoca medievale (l’attuale Chiesa ha una veste settecentesca ma ha origini molto più antiche), fino ai pregevoli affreschi del noto pittore barocco Paolo Gamba.
Nell’edificio sacro sono altrettanto degne di nota le numerose sculture di Santi di autori ignoti ma anche noti come l’Immacolata di Giacomo Colombo e il San Rocco di Paolo Saverio Di Zinno.
La Storia classica dell’Arte distingue le Arti in Maggiori e Minori, tra le prime figurano la Pittura, la Scultura e l’Architettura.
Questi beni culturali che oggi presento, ovvero maioliche settecentesche, dovrebbero quindi essere inquadrate tra le Arti Minori. Tuttavia oggi questa distinzione risulta superata e peraltro inesatta se si considera la nuova definizione di bene culturale
(31 marzo 1998 n. 112).
Le maioliche di cui scrivo sono poco visibili nel tessuto urbano della vecchia Larino, sia per le loro piccole dimensioni, sia per la loro collocazione.
All’inizio di via Cluenzio bisogna entrare in una stradina, vico Tufo, salire una gradinata, per vedere una rappresentazione di San Nazario su maiolica, posta sull’ingresso di un’antica abitazione privata, nel quartiere noto come Le Caselle.
San Nazario fu tra i primi martiri della nuova fede e abitualmente viene ricordato con San Celso.
Paolino, biografo di Sant’Ambrogio, narra nella biografia del Santo vescovo che trovò nel 395 i corpi dei martiri Nazario e Celso, sepolti appena fuori la città di Milano.
Nazario con Celso fu tra gli evangelizzatori di tante località dell’Italia settentrionale. Era un legionario di origini romane che per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani, o forse inviato da papa Lino che lo battezzò alla nuova fede, lasciò Roma per recarsi in Lombardia come predicatore.
Il culto del Santo Martire è particolarmente sentito in tutta la Penisola e anche nella nostra regione, tanto che a Trivento la Cattedrale è intitolata a San Nazario con Celso e Vittore.
La rappresentazione del Santo in vico Tufo è riunita su quattro maioliche, l’attributo della palma nella mano sinistra fa riferimento al suo martirio, mentre nella mano destra è dipinto il Vangelo di cui Nazario fu grande divulgatore.
L’impianto della figura, posta su un basamento dipinto con la dicitura SAN NAZZARIO, appare monumentale e alquanto tozza, ma ciò è dovuto anche a “problemi tecnici”, in quanto la figura è stata dipinta su uno spazio limitato e quadrangolare.
La resa pittorica dei panneggi, l’espressività del volto e la posa, comunque danno nell’insieme una buona qualità dei volumi e ci permettono di inquadrare la maiolica in epoca settecentesca.
Tornando su via Cluenzio, il Corso per i larinesi del centro storico, bisogna arrivare al Palazzo Ducale e in esso, tra le tante testimonianze storico-artistiche, praticamente non visibile e, aggiungo, sconosciuta a molti, salendo sul terrazzo ci appare, affissa al muro, su una maiolica una lunga iscrizione senza alcuna illustrazione.
Questo manufatto di “arte minore” è una invocazione, il testo, per metà in italiano e metà latino, così recita:
IN NOME DELLA S.S. TRINITA’/INTERCEDENTE L’IMMACOLATA VERGINE/MARIA S. GIO EVANGELISTA,
S. IRENE, E S. BARBARA, CRISTO RE DELLA GLORIA VE/NE IN PACE, IL VERBO S’INCARNO NELL’/UTERO DI MARIA, IDDIO SI FECE UOMO PER/NOI, CRISTO NACQUE DALLA VERGINE/CRISTO PER MEZZO DI QUELLI GIUA IN PA/CE CRISTO PER NOI FU CROCIFISSO, CRISTO MORI PER NOI, CRISTO FU SEPOLTO/CRISTO RISUSCITO, CRISTO SALI AL /CIELO, CRISTO REGNA/CRISTO CI DIFENDA DA OGNI MALIGNO FULMINE, E SAETTA, IDDIO SIA CON NOI/S. IOANNES FILJ TONITRUS DEFENDE, NOS/A FULMINE PROCUI HINC PROCULE, STO/FULGUR, E TACRIS TEMPESTAS, IN/NOMINE PATRIS ET FILI ET SPIRITUS/SANCTI, AMEN/ A.D. 1767.
Affissa sull’architrave del finestrone centrale del terrazzo del Palazzo Ducale, misura 45×56 cm ed è realizzata su due mattonelle di 45×27 cm.
Ignoto è l’autore, non è firmata, potremmo avere qualche notizia in più solo staccandola, con la massima accortezza, per vedere se sul retro reca il sigillo della bottega che la ha realizzata.
Per quanto riguarda la committenza voglio avanzare l’ipotesi sulla famiglia dell’epoca, ovvero il feudatario Lucio Di Sangro, duca di Casacalenda, che fu anche l’ultimo residente del Castello.
Il Palazzo costruito su un colle tufaceo, che raggiunge una quota non indifferente, pari a quella della torre campanaria della Cattedrale, è esposto durante i forti temporali a fulmini per cui se ne invoca la difesa a Dio, Cristo e tutti i Santi citati in questa preghiera.
Dirigendoci verso il duomo di Larino, percorrendo fino in fondo via Leone e poi girando sulla sinistra, al civico 12 di via Porta di Basso, sul lato destro di una porta cui si accede dopo una lunga scalinata, all’epoca una finestra, è affissa un’altra edicola con una rappresentazione sacra su maiolica.
Questo manufatto misura 48×74 cm, ed è composta da sei mattonelle di cm 20×20, da due di cm 20×12 e altre tre di cm 7×20, per un totale di undici, una è andata perduta.
E’ datata 1762, la più antica pervenutaci tra le tre citate, non è firmata, e raffigura una Crocefissione.
Indubbiamente anche questa, come quella di San Nazario, ha un carattere votivo, preciso che queste edicole o tabernacoli sono presenti in tanti altri centri storici della nostra Penisola, ovviamente ognuna con la predilezione per i propri Santi. Venivano erette dalle associazioni religiose, dagli artigiani, dagli orefici, dai falegnami, dai macellai, ma anche da privati o residenti dei vicoli cittadini come una sorta di ex voto, per credenze di religiosità popolare (vedi l’invocazione precedente) o per motivi da collegare direttamente alla fede.
Questa Crocefissione a forma rettangolare è centinata e incassata nel muro a 8 cm di profondità. Tre teste di angioletti, due sulla destra e una sulla sinistra, svolazzano sotto le braccia della Croce.
Il Cristo crocifisso ha la corona di spine e l’aureola, sulla sommità della Croce è dipinto il cartiglio con la nota scritta IN.RI, ai lati dei esso, sotto un arco dipinto , due sfere rappresentano il sole, a sinistra, e la luna, a destra. La Maddalena in ginocchio abbraccia la Croce e i piedi del Cristo, mentre la Madonna Addolorata è in piedi sulla sinistra, con i sette pugnali nel petto. Da notare che una parte della maiolica che raffigura il piede della Maddalena si trova ricomposto in un’altra parte della sacra rappresentazione, erroneamente posta ai lati dei due angioletti. Indubbiamente la fattura del disegno, come anche quella dell’edicola di San Nazario in vico Tufo, è mediocre, trattandosi anche di commissioni non alte e di conseguenza di artisti non noti e tantomeno eccellenti.
Concludo, facendo appello affinché queste testimonianze storico-artistiche di interesse “minore” siano valorizzate e conservate dignitosamente. Certamente sono le uniche superstiti di tante altre che non si sono conservate, o che forse sono state murate e non più visibili, ma che danno carattere e identità religiosa, di fede alla nostra Larino, che non fu solo l’antica fastosa Larinum, ma che sempre nei secoli ha trasmesso e continuerà, si spera, a trasmettere tradizione, arte e cultura.
Adolfo Stinziani