di Regina Cosco e Nicola De Francesco
LARINO. ‘Fratelli e sorelle, buonasera. Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma, sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza. Iniziamo questo cammino vescovo e popolo, il cammino della chiesa di Roma, un cammino di fratellanze e di amore, di fiducia per noi. Preghiamo sempre per noi, gli uni per gli altri, per tutto il mondo perché ci sia una grande fratellanza. E prima della mia benedizione chiedo a voi di benedire il vostro vescovo”.
Con queste parole, il 13 marzo marzo di dodici anni fa, all’età di 76 anni, il Conclave scelse quale successore di Benedetto XVI, papa emerito, il cardinale Jorge Mario Bergoglio nato in Argentina il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Il primo Papa delle Americhe.
Inizia da quelle sue parole la sua rivoluzione nella Chiesa, una chiesa che in dodici anni di pontificato è stata segnata dalla sua personalità, da quel suo carisma che l’ha portato dapprima a scegliere come nome quello del Santo di Assisi – Francesco – il frate che volle farsi povero tra i poveri, poi a rinunciare ai paramenti pomposi, e poi ancora alla scelta di vivere a Santa Marta, e non più nel sontuoso palazzo apostolico che avrebbe utilizzato soltanto per le udienze e gli incontri ufficiali.
È il carattere e lo stile di Bergoglio a coinvolgere i fedeli, uno stile pastorale tipico di chi ha vissuto per strada fra i sobborghi di Buenos Aires, di chi ha toccato con mano la miseria diventando stremo difensore dei diritti degli ultimi e degli invisibili. Bergoglio si è mostrato accanto ai senza tetto, ai detenuti, ai divorziati, agli ammalati, ai bambini e agli anziani.
Il suo è stato un pontificato finito spesso nel mirino di chi l’ho accusava di essere un eretico e di voler distruggere l’immagine del Papa ideale, di chi ha criticato le sue aperture e il suo modo di comunicare.
Il lockdown imposto durante la pandemia da COVID-19 è stata una sfida per il suo pontificato, per un Papa abituato a stringer mano e ad abbracciare i fedeli.
Decise di camminare per una Roma deserta in pellegrinaggio verso il crocifisso miracoloso custodito nella chiesa di ‘San Marcello al corso’: un papa anziano che, sotto la pioggia e con le sirene delle ambulanze in sottofondo, portava sulle spalle le preoccupazioni e le paure del mondo. Ha mantenuto la tradizione dei viaggi, ma come per i cardinali, scelse le periferie e non le grandi capitali.
Ha speso parole per i conflitti che assediano i popoli, dalla guerra in Ucraina alla guerra in Medio Oriente. Non ultimo, ha voluto dedicare il Giubileo del 2025 al tema della Speranza, senza timore di mostrarsi al mondo affaticato davanti alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. Ha manifestato sempre tutto il suo amore per Cristo e una fede granitica attraverso la preghiera fino al suo ultimo giorno da pontefice, con un lascito all’umanità intera e un augurio che rimarrà per sempre. Un Papa che a Santa Marta fin dal 29 giugno 2022 aveva lasciato per questo giorno di lutto il seguente testamento: Nel Nome della Santissima Trinità. Amen. Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura. La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura. Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale come indicato nell’accluso allegato. Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus.
Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, da trasferire alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore e di cui ho provveduto dare opportune istruzioni a Mons. Rolandas Makrickas, Commissario Straordinario del Capitolo Liberiano. Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’ho offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli”
Papa Francesco ci ha lasciati nel giorno del lunedì dell’Angelo, all’indomani della Pasqua e nel cuore dell’anno giubilare 2025: dolore e gloria.