UNA CUCINA ROBUSTA E RICCA, FATTA DI SAPORI ANCORA AUTENTICI. È LA GASTRONOMIA DEL MOLISE, UNA REGIONE PICCOLA MA CHE OFFRE UNA GRANDE VARIETÀ DI PRODOTTI. PER LA RUBRICA SULLE TRADIZIONI REGIONALI OGGI SCOPRIAMO L’ABC DELLA CUCINA MOLISANA.
Caciocavallo di Agnone
Formaggio dalle antiche origini, prodotto nel territorio dei comuni di Agnone, Capracotta e Vastogirardi, provincia di Isernia, fin dai tempi della Magna Grecia. Fatto con latte crudo di vacca, ha una crosta dura e un colore giallo paglierino, che tende al marrone nei prodotti più stagionati. Dopo una maturazione che dura circa 20 giorni viene messo a stagionare in grotte naturali per un minimo di tre mesi. Ha un gusto delicato che diventa sempre più piccante e sapido con la stagionatura: i molisani lo mangiano spesso grigliato, accompagnato da pane locale.
Capofreddo (coppa molisana)
Simile in parte alla soppressata calabrese (ne abbiamo parlato qui) è un insaccato di maiale cotto, fatto con gli scarti dell’animale, in particolare testa e zampe, ma spesso anche cotenna e lingua. Dopo aver pulito la carne si fa bollire, si condisce con foglie di alloro, semi di finocchio, aglio, peperoncino diavolillo e, a volte, buccia d’arancia, e si infila in un sacco di tela da cui prenderà la forma. L’acqua usata per bollire le carni viene spesso riutilizzata per preparare un brodo con le verdure. È stagionato per 15 giorni e arriva a pesare anche cinque chili. Si consuma fresco, entro trenta giorni dalla fine della stagionatura.
Caprino di Montefalcone nel Sannio
I formaggi di capra sono molto diffusi in tutta la regione, grazie alla presenza di capi allevati allo stato brado. Particolarmente rinomato è il caprino di Montefalcone del Sannio, in provincia di Campobasso, prodotto con latte crudo della razza autoctona locale. È un formaggio a pasta semi dura, ha una crosta compatta e rugosa, mentre l’interno è bianco e morbido. Viene messo a invecchiare utilizzando un particolare strumento di legno chiamato cascerache viene appeso al soffitto: qui i caprini stagionano per almeno due mesi. Anche questo è un formaggio che si mangia prevalentemente fresco, spalmato sul pane o accompagnato da verdure e marmellate locali.
Cavatelli
Uno dei formati di pasta tipici del Molise, adottato poi in molte regioni del sud Italia: i cavatelli sono una pasta di semola di grano duro e acqua, a cui in alcune zone si aggiunge un po’ di patata lessa, dalla caratteristica forma allungata. Si narra che furono inventati sotto il regno di Federico II, anche per soddisfare le esigenze gastronomiche del re. Sono fatti a mano “incavando” – come si dice in dialetto locale – la pasta con la pressione dell’indice e del medio. Solitamente si condiscono con ragù o sugo a base di carne di maiale, oppure con verdure tipo cardoncelli o broccoli, che in Molise tutti chiamano “spigatelli”. A Montenero di Bisaccia il piatto tipico del paese sono i cavatelli, qui chiamati “cuzzutilli”, con la Ventricina di Montenero, di cui parleremo a breve.
Centofoglie (scarola venafrana)
La centofoglie, o indivia scarola venafrana, è una varietà dell’indivia comune (Cichorium endivia) particolarmente coltivata nel comune di Venafro, in provincia di Isernia. Un ortaggio dal sapore fresco e delicato, di cui si mangiano le foglie, che matura sia in autunno che in primavera. Ricca di potassio, ha spiccate proprietà depurative e diuretiche e si mangia sia cotta che cruda, come insalata. Solitamente in Molise si cucina insieme ai fagioli nelle pentole di coccio. Un piatto tipico di Venafro è la zuppa alla santè, preparata con il brodo di gallina e la carne a pezzettini, polpettine di vitello, scarola e uovo sodo tritato.
Cipolla di Isernia
Uno dei prodotti più importanti della regione, la cipolla di Isernia, è chiamata anche cipolla di San Pietro: la tradizione vuole che la cipolla sia legata alla madre del santo fondatore della chiesa cristiana, che la donò a una donna affamata come unico atto di solidarietà della sua vita. Ha una forma schiacciata e il bulbo bianco, può arrivare a pesare fra i 200 e i 300 grammi. Il sapore è particolarmente dolce e per questo viene spesso consumata semplicemente accompagnandola con del pane, e una delle ricette più comuni è la frittata fatta con abbondanti cipolle, chiamata cipollata. È la regina indiscussa della Fiera delle cipolle di Isernia, che si tiene ogni anno il 28 e 29 giugno.
Fagioli di Riccia
Sono diverse le varietà di fagioli del Molise, ma oggi parliamo dei fagioli di Riccia, un comune della provincia di Campobasso, sede di una festa molto particolare, le Tavole di San Giuseppe. In questa celebrazione il cibo ha un ruolo da protagonista, con la preparazione di pasti, poi offerti alle persone meno abbienti della comunità. E i fagioli locali hanno un posto centrale in questa tradizione. Coltivati in particolare in una contrada del paese, Paolina, si seminano a fine marzo e si raccolgono a fine agosto o inizio settembre, quando il seme è completamente formato e i legumi ben secchi. Fanno parte di diverse ricette locali: la tradizione vuole che vengano cotti nella tradizionale pignata, una pentola messa vicino al fuoco del camino. Vengono mangiati in insalata, accompagnandoli con la centofoglie, il sedano e le patate, oppure cotte insieme alla carne di maiale. Una ricetta tipica sono i fasciuole ‘nzuccarate, fatti con cotiche di maiale, olio, aglio,alloro, sedano, sale e prezzemolo.
Farro dicocco del Molise
Si tratta di un tradizionale cereale coltivato in Molise, recuperato all’inizio degli anni ‘90 e salvato dalla scomparsa. Coltivato a circa 700 metri di altezza sulle colline molisane, è il cereale con il maggior contenuto di proteine, ma fornisce anche buone quantità di ferro e calcio. Cereale antico, un tempo veniva usato prevalentemente per ottenere la farina per le focacce, al giorno d’oggi è principalmente impiegato per la preparazione di pane, insalate e minestre. Una ricetta tipica è la zuppa di farro, fatta con farro, pomodoro, cotenna di maiale, guanciale a piacere, prezzemolo, aglio, cipolla e pecorino.
Formaggio di Pietracatella
Formaggio prodotto nel territorio della Comunità montana del Fortore, in particolare nel comune di Pietracatella (Campobasso), fatto con latte di vario tipo (vaccino, caprino, ovino). Ha una crosta leggermente rugosa dal colore giallo paglierino, all’interno la pasta risulta tenera, umida e di colore bianco tendente al giallo man mano che aumenta la stagionatura. La maturazione è fatta nelle mogie, grotte di tufo tipiche di Pietracatella. Si mangia prevalentemente fresco, come antipasto, o accompagnato dalle giardiniere di verdure locali.
Fusilli
Non molti sanno che i fusilli sono un formato di pasta di origine molisana. Sono stati creati in Molise e si sono diffusi prima nel sud Italia, poi nel resto del paese. Fatti con farina di grano duro, acqua e un pizzico di sale, vengono poi arrotolati su un filo di ferro e messi ad essiccare. In alcuni casi la pasta viene fatta anche con le uova. Esistono molte varianti dei fusilli: quelli avellinesi, ad esempio, sono più allungati e stretti. In altre zone si aggiungono spinaci, barbabietole o nero di seppia per colorarli. Una tipica ricetta regionale sono i fusilli alla molisana, conditi con un sugo di carne d’agnello o con un sugo di carni miste (agnello, vitello e salsiccia di maiale).
Fungo d’abete
Fungo dalle dimensioni variabili che cresce ai piedi degli abeti, da cui deriva il nome. Ha una consistenza più o meno carnosa e un colore rosso-arancio, spesso con piccole macchie verde scuro. All’interno si presenta con un colore rosso carota e un tipico odore di frutta. Ha un sapore molto acre, che lo caratterizza in maniera particolare, e viene molto utilizzato in cucina nella zona dei Monti del Matese. Si prediligono i gli esemplari più piccoli, adatti ad essere conservati sott’olio per essere consumati tutto l’anno, ma si usa anche in molte ricette, associato alla pasta o alla carne di maiale.
Guanciale (vrucculare)
Chiamato anche vrucculare o vrucculeare, il guanciale è un prodotto molto diffuso sul territorio molisano. La forma triangolare derivata da quella della guancia del maiale, che viene condita nella parte esterna con sale, pepe, aglio e peperoncino diavolillo. Una volta condito il guanciale, si fa un foro sul vertice e si appende con lo spago su una pertica di legno: per un mese circa deve restare in un luogo chiuso, con un camino dove brucia costantemente legna di quercia. Trascorso questo tempo il guanciale stagiona ancora per due mesi all’aria aperta. Ha un sapore più caratteristico rispetto alla pancetta e una consistenza più tenace, un leggero sentore di affumicatura e una punta di piccante finale. I molisani lo mangiano accompagnato da fette di pane, dopo averlo scaldato leggermente, ma è utilizzato anche in cucina per numerose preparazioni come sughi per le paste fresche, come condimento delle paste ripiene, negli stufati e per i secondi a base di carne di maiale.
Mais Agostinello
L’Agostinello è una varietà di mais antica, caratterizzato da otto file, che era quasi del tutto scomparso in epoca moderna. Chiamato anche cinquantino del Molise, o in dialettograndinije, è stato recuperato da qualche anno, riprendendo anche la macinazione a pietra, che esalta le sue caratteristiche organolettiche. In cucina si utilizza soprattutto per fare la polenta, chiamata muacca, per la pizza di mais cotta “sotto la coppa”, insaporita con verdure e bollito di maiale, per i biscotti o per il parrozzo, un dolce fatto con farina di mais, farina grano tenero, patate e ricoperto di cioccolato.